LA CRISI DELLA CULTURA SPORTIVA

Al centro di un nuovo Tavolo con il Comune la necessità di una sensibilizzazione

Chiuse dal Dpcm 24 ottobre le strutture sportive devono non solo affrontare problemi di tenuta economica, ma anche prendere amaramente atto della mancanza di una cultura dello sport in Italia.
Sono certo imprese, ma sono aziende che si occupano della salute delle persone e delle comunità, dunque di un bene imprescindibile. Di qui la richiesta di un sostegno nella sensibilizzazione al ruolo e al valore dell’attività motoria per il benessere individuale e collettivo. Un’istanza emersa nel corso di un nuovo tavolo con l’Amministrazione comunale, durante il quale l’assessore allo Sport, Bruna Cirelli, ha illustrato fra l’altro le opportunità legate ai fondi dei voucher sport, accessibili a fronte di una progettazione, a Tari e Imu.
«Non ci sentiamo di serie B rispetto a bar, ristoranti e negozi – ha affermato Filippo Trivella di Wellfit -. Siamo orgogliosi della nostra attività, finalizzata alla promozione della salute e dei corretti stili di vita». «Non si comprende in questo Paese che l’attività motoria è un elemento fondante per il benessere, al pari di tutte le attività quotidiane volte alla salute del corpo – ha aggiunto Ingrid Trapella di Divertimondo -. Ne è prova il fatto che la prima chiusura ha determinato con la sedentarietà numerosi problemi fisici, soprattutto fra le fasce più deboli».
Su questo messaggio si dovrà porre tutti l’accento alla riapertura, «sui cui tempi non ci sono certezze». Nel frattempo le strutture, che hanno bocciato l’idea della palestra a cielo aperto, per le problematiche legate al clima e alla specificità delle attività condotte con macchine e su persone fragili, hanno attivato degli incontri su piattaforma, in particolare per non perdere il contatto umano dell’impegno sportivo.
 

Ultima modifica dei contenuti: 18/11/2020